Gesù Cristo giovinetto – Benedetto Buglioni (1510 ca.)

Benedetto Buglioni (Firenze 1459/60 – 1521)

Gesù Cristo giovinetto, 1510 ca.

busto in terracotta parzialmente invetriata policroma, cm 37 x 35 x 17

Questa gentile immagine del Redentore adolescente, pervasa da una grazia delicata e silente di ascendenza leonardesca, che qui abbiamo il piacere di presentare dopo un secolare oblio, verso la fine dell’Ottocento faceva parte delle cospicue raccolte del celebre mercante d’arte, collezionista e conoscitore fiorentino Stefano Bardini, il “Principe degli antiquari”, come testimoniano alcune foto storiche dei sontuosi allestimenti della sua galleria nel palazzo in piazza de’Mozzi oggi sede del Museo da questi donato alla città di Firenze.

L’opera al tempo era in coppia con un simile busto, oggi disperso, raffigurante il giovane San Giovanni Battista, secondo una consuetudine iconografica e devozionale ben radicata nell’arte fiorentina del Quattrocento, sollecitata da una diffusa letteratura agiografica e da popolari sacre rappresentazioni incentrate sull’infanzia virtuosa dei due coetanei cugini. Entrambe i busti, infatti, compaiono accoppiati in una tavola dell’elegante catalogo della memorabile vendita tenuta da Bardini il 5 giugno 1899 a Londra presso la rinomata casa d’aste Christies in Saint James Square, dove venivano presentati come opere di Andrea della Robbia, e in quella stessa occasione verosimilmente furono alienati a qualche facoltoso collezionista angloamericano.

 

L’attribuzione ad Andrea (Firenze 1435 – 1525), nipote ed erede nell’arte di Luca della Robbia (Firenze 1399/1400 – 1482) – l’ “inventore” della “scultura in terracotta invetriata” e uno dei “padri” del Rinascimento -, presumibilmente fu suggerita dall’impiego, in luogo del più consueto smalto bianco, di una policromia naturalistica ottenuta tinteggiando le vesti con vividi colori ceramici, in origine impreziositi da dorature (ne rimangono alcune tracce), mentre l’incarnato e i capelli con una più tenue pittura ‘a freddo’ (forse a olio) stesa direttamente su parti in terracotta prive d’invetriatura, secondo una tecnica adottata nella bottega robbiana a partire dagli ultimi anni del Quattrocento. Ma, pur esprimendo una corretta percezione della cronologia dell’opera, databile tra i primi due decenni del Cinquecento, un tale riferimento attributivo oggi non è più condivisibile, dopo le sistematiche ricognizioni sulla scultura invetriata condotte nel primo quarto del Novecento da Allan Marquand, confluite in un ponderoso corpus in sei volumi pubblicati a Princeton tra il 1914 e il 1928, poi approfondite da più recenti studi specifici, volumi monografici ed eventi espositivi di ampio respiro (Fiesole 1998; Nizza e Sèvres 2002-2003; Arezzo 2009; Boston e Washington 2016-2017).

La tenera grazia infantile che caratterizza questa immagine, dove spunti della più aulica statuaria e ritrattistica del Verrocchio, di Antonio Rossellino e di Benedetto da Maiano appaiono declinati con un’amabile sintesi formale, ci consente invece di avanzare un sicuro riferimento attributivo a Benedetto Buglioni (Firenze 1459/60 – 1521): intraprendente scultore di formazione verrocchiesca – che secondo le fonti avrebbe trafugato dalla bottega dei Della Robbia il loro redditizio “segreto” – affermatosi sulla scena artistica fiorentina e dell’Italia centrale per una prolifica produzione di lavori in terracotta invetriata affine negli aspetti tecnici e tipologici a quella di Andrea della Robbia, poi continuata dal nipote Santi (Firenze 1494 – 1576), l’ultimo, originale interprete di questa “arte nuova, utile e bellissima”, come ebbe a definirla con felice sintesi Giorgio Vasari (1568)

Fin dai suoi esordi Benedetto, attivo anche a Perugia dove col fratello Francesco scolpì la Cappella del Santo Anello in duomo e modellò numerosi arredi invetriati per il ricco monastero cassinese di San Pietro (1487-90), incontrò il favore di una committenza esigente e aggiornata, come la chiesa fiorentina della SS. Annunziata, la cattedrale di Pistoia, il pontefice Innocenzo VIII e il cardinale Giovanni dei Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e futuro papa Leone X, che intorno al 1495 gli affidò lavori impegnativi per il santuario di Santa Cristina a Bolsena. Poi, all’aprirsi del Cinquecento, le terrecotte dei Buglioni, più accessibili delle opere dei Della Robbia e improntate a una maggiore semplicità in consonanza con le istanze devozionali promosse dalla predicazione del Savonarola, ebbero ampia diffusione soprattutto nelle chiese del contado fiorentino, tra la valle dell’Arno e il crinale appenninico, apprezzate per il loro linguaggio chiaro e accostante, spesso ispirato da immagini di grande successo dei maggiori scultori e pittori fiorentini del tempo. Opere, dunque, funzionali alle esigenze della religiosità popolare, e proprio per tale ragione prescelte anche da importanti mecenati delle istituzioni ecclesiastiche, come attesta la decorazione del santuario di Santa Maria delle Grazie presso Stia voluta nel 1500 da Leonardo Buonafede, potente spedalingo di Santa Maria Nuova.

Tale concisa chiarezza espressiva e l’affabile semplificazione formale che qualificano l’arte di Benedetto Buglioni, in specie negli anni della maturità, ben si ravvisano nel busto in esame, agevolmente ascrivibile al maestro quale opera autografa anche per l’arguta caratterizzazione fisionomica, la modellazione morbida, tondeggiante del volto e dei panneggi, e per le tonalità dell’invetriatura, liquida e cangiante.

 

Giancarlo Gentilini

10 settembre 2018

 

Bibliografia specifica:

– Christie, Catalogue des Objets d’Art antiques, du Moyen Age et de la Renaissance provenant de la Collection Bardini de Florence, 5 giugno 1899, p. 73, nn. 425-426, tav. 30.

 

Bibliografia di riferimento:

– A. Marquand, Benedetto and Santi Buglioni, Princeton 1921.

– A. Marquand, Andrea della Robbia and his Atelier, 2 voll., Princeton 1922.

– F. Domestici, Il mecenatismo di Leonardo Buonafede per l’arredo del Santuario delle Grazie in Casentino, in “Antichità viva”, XXVII, 1988, 3-4, pp. 35-40.

– G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, 2 voll., Firenze 1992.

I Della Robbia e l’“arte nuova” della scultura invetriata, catalogo della mostra (Fiesole, Basilica di Sant’Alessandro, 29 maggio – 1 novembre 1998), a cura di G. Gentilini, Firenze 1998, pp. 332-361.

– Les della Robbia. Sculptures en terre cuite émaillée de la Renaissance italienne, catalogo della mostra (Nice, Musée National Message Biblique Marc Chagall, 29 giugno – 11 novembre 2002 / Sèvres, Musée National de Céramique, 10 dicembre 2002 – 10 marzo 2003) a cura di J.R. Gaborit e M. Bormand, Paris 2002.

– A. Bellandi, Per le valli dell’Aretino a revoir gli invetriati, in Arte in terra d’Arezzo. Il Cinquecento, a cura di A. Giannotti e L. Fornasari, Firenze 2004, pp. 33-47.

I Della Robbia. Il dialogo tra le Arti nel Rinascimento, catalogo della mostra (Arezzo, Museo Statale d’Arte Medievale e Moderna, 21 febbraio – 7 giugno 2009), a cura di G. Gentilini, Milano 2009.

– L. Fornasari, Sulle tracce dei Della Robbia. Le vie della terracotta invetriata nell’aretino, Milano 2009.

– A.F. Moskowitz, Stefano Bardini “Principe degli Antiquari”. Prolegomenon to a Biography, Firenze 1915.

Della Robbia. Sculpting with color in Renaissance Florence, catalogo della mostra (Boston, Museum of Fine Arts, 9 agosto- 4 dicembre 2016 / Washington, National Gallery of Art, 5 febbraio – 4 giugno 2017), a cura di M. Cambareri, Boston 2016.